Si attribuisce sovente la nascita della ferrovia all'inghilterra, nel 1804.
Non tutti sanno però, che già nel lontano 1530, sulle strade d'accesso ad alcune miniere del Tirolo, gli operai erano soliti posare due tavole di legno paralelle per agevolare lo scorrimento delle ruote dei carri atti a trasportare i minerali, riducendo così notevolmente lo sforzo dei cavalli da traino.
Ed è giusto anche ricordare che la prima macchina a vapore (costuita da Cugnot nel 1769) iniziò il suo viaggio su una normalissima strada.
Se ne deduce che il salto di qualità sarebbe stato di lì a breve, poiché si iniziava a comprendere che usare macchine con trazione a vapore su rotaie (su ferro piuttosto che legno) avrebbe ridotto di molto la resistenza alla trazione.
35 anni dopo, Richard Trevithick costruì la prima locomotiva a vapore.
Seguirono poi, ad opera di Stephenson, la Locomotion (1825) per la ferrovia Stockton-and-Darlington, e The Rocket (1830) che in una gara di velocità su rotiaia raggiunse i 36 Km/h sulla Liverpool - Manchester.
E in tutta europa, almeno fino all'avvento delle moderne automobili e degli aerei, la costruzione delle ferrovie diede una spinta in più all'evoluzione, nonché alla rivoluzione industriale.
Le ferrovie in Italia
La prima linea ferroviaria, se così si può definire, che univa (attraverso ca. 7 Km) Napoli a Granatello di Portici , vide la luce il 3 ottobre 1839, giorno dell'inaugurazione da parte del reFerdinando di Borbone.
Dopo soli tre anni, la linea raggiungeva Castellammare di Stabia e nel 1844 si estendeva fino a Pompei e Nocera.
Ma ben presto questo veloce sviluppo si trovò davanti a un ostacolo che rendeva molto difficoltosa l'espansione della ferrovia, e cioè la presenza sul territorio di alti promontori. Ciò, mancando ancora tecniche adeguate, rendeva difficoltosa la costruzione dei binari, pertanto risultavano più convenienti i collegamenti via mare.
Poco dopo, comunque, il governo borbonico diede il via libera per un ampliamento della linea da Nocera a San Severino e ad Avellino, nonché verso la Puglia.
Nel frattempo, memori delle esperienze già fatte dal 1837 con l'Opificio Meccanico di Napoli, con decreto reale, l'Opificio di Pietrarsa dal 22 maggio 1843 dirottò la produzione di cannoni e artiglieria in costruzione e manutenzione di locomotive, e si distinse poi come esempio di utilizzo di tecnologie all'avanguardia.
Intanto, nel 1840 fu inaugurata la linea Milano-Monza, (ca. 12 km), monopolio dell'imperatore d'Austria, ed era iniziata la costruzione della Ferrovia Milano-Venezia. Negli anni successivi fu attivato prima il tratto Padova-Mestre (29 km), successivamente i tratti Milano-Treviglio (32 km), il tratto Padova-Vicenza (30 km), e il ponte sulla laguna per Venezia. Per ultimo fu aperto il tratto tra Verona e Coccaglio, nell'ottica di collegare il Veneto con Milano passando per Bergamo.
Nel 1844 il re Carlo Alberto dispose la costruzione della ferrovia Torino-Genova via Alessandria che venne completata nel 1853 ed inaugurata derinitivamente il 16 febbraio 1854. Tramite l'apertura di altri tronchi in Piemonte, nel 1859, si ebbe un collegamento diretto tra le frontiere svizzere e francesi e quella austriaca del Lombardo-Veneto.
Nel 1853, Cavour, con l'intento liberarsi dal monopolio degli inglesi, si fece promotore della fondazione di Ansaldo, industria meccanica per la fabbricazione di locomotive e materiale ferroviario.
Nel 1842, il duca di Lucca diede il via libera alla costruzione della Lucca-Pisa, e nel 1845 cominciò la costruzione delle linee per Parma-Piacenza e Parma-Modena.
Nello Stato Pontificio, papa Pio IX, ne1846, costituì una società nazionale per lo sviluppo e la costruzione delle ferrovie, ed ebbe così inizio la costruzione di alcune linee nell'odierno centro Italia, come la Ferrovia Roma-Frascati (1856), la Ferrovia Roma-Civitavecchia (1859) e la Ferrovia Pio Centrale tra Roma ed Ancona, così chiamata in onore del Papa, (1866).
Nel 1859 fu inaugurata la linea Piacenza-Bologna, ed era inoltre già in costruzione la tratta della Bologna-Porretta. Nel 1861 fu inoltre attivata la linea Bologna-Ancona.
L'insieme delle linee non costituiva una rete omogenea e coordinata; vi erano infatti linee di proprietà ed esercizio statale, linee di proprietà ed esercizio privato, e di proprietà privata, ma con esercizio affidato allo Stato. Era necessaria perciò una rettifica. Il 14 maggio 1865 venne emanata una legge di riordino voluta dai ministri Stefano Jacini e da Quintino Sella, che decretava, per favorire un ulteriore sviluppo ferroviario e industriale, di accorpare i vari enti.
Nello stesso periodo, intanto, nel resto d’Europa si affermava la tendenza ad affidare l'esercizio delle ferrovie alla gestione diretta dello Stato dato il fatto che le società concessionarie, perseguendo fini esclusivamente economici, trascuravano quelli sociali, lasciando completamente sprovviste di comunicazioni le zone depresse. Purtroppo, data la lentezza burocratica (che come sempre ha caratterizzato il nostro paese) questo non avvenne mai. Infatti, circa vent'anni dopo, venne finalmente approntata una Commissione parlamentare d'inchiesta, le cui proposte e conclusioni, pur se poco coerenti, si pronunciarono a favore dell'esercizio privato e furono per la maggior parte accolte. Il 23 aprile 1884 furono stipulate, per la durata di 60 anni le Convenzioni tra lo Stato e tre Società private e approvate il 6 marzo 1885. Le Convenzioni ripartivano le linee in senso longitudinale e assegnavano alla Società Italiana per le strade ferrate meridionali l'esercizio della rete gravitante sull'Adriatico ( Rete Adriatica) e alle Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo e Società per le Strade Ferrate della Sicilia, la (Rete Mediterranea e la Rete Sicula) l'esercizio della rete gravitante sui mar Ligure, Ionio e Tirreno e la rete siciliana.
Le linee concesse a dette Società, distinte in principali e secondarie, si estendevano per 8510 Km. La vigilanza sulle costruzioni e sull'esercizio di tali linee, venne assunta dal Ministero dei lavori pubblici, a mezzo di un Ispettorato Generale delle Ferrovie.
Tale regime, presentato nel 1885 come rimedio ai mali delle ferrovie, contribuì invece ad aggravarli lasciando allo Stato una pesante eredità.Inoltre, le perdite delle linee di secondo livello, erano maggiori del ricavato, e così si creò un circolo vizioso.
Ma le strade ferrate non cessavano di svilupparsi e avevano raggiunto i 10.510 km .
Le Ferrovie dal 1905 alla seconda guerra mondiale
Dopo l'odissea durata vent'anni, il 1 luglio del 1905 lo Stato, attraverso un nuovo ente "Ferrovie dello stato", a cui faceva capo l'ing. Riccardo Bianchi, assunse la gestione e il controllo delle linee ferroviarie d'Italia.
Ma la riorganizzazione si presentò molto gravosa. Le condizioni degli impianti fissi e del materiale rotabile ereditati dalle cessate Società erano pessime; si rendeva necessario coordinare i regolamenti di esercizio ed unificarli, elaborare il nuovo inquadramento funzionale e disciplinare per il personale che proveniva da Società differenti e con differenti regolamenti.
Fu creata una Direzione Generale, con 13 Servizi Centrali e 2 Ispettorati Generali, con Sede in Roma; alla periferia vennero istituite 8 Direzioni Compartimentali.
Vennero incoraggiati gli studi sulla elettrificazione, già esistente sulle linee varesine e su quelle Valtellinesi.
Sotto la guida dell'ing. Bianchi le F.S. si misero rapidamente in grado di rispondere alle maggiori esigenze pubbliche. Fra le altre iniziative prese, l'attivazione sulle principali linee del segnalamento semaforico (e graduale soppressione dei « dischi girevoli »), l'impianto delle prime cabine di apparati centrali idrodinamici di manovra degli scambi e dei segnali (in sostituzione dei più antichi apparati centrali Saxby ), dovuti all'ing. Bianchi, la creazione o l'ammodernamento di grandi stazioni per viaggiatori e per merci, costruzione di nuovo e più moderno materiale rotabile (fra cui le prime carrozze a carrelli).
Bianchi, dopo dieci anni, fu rimpiazzato dall'ing. De Cornè, ma presto le F.S. furono coinvolte nella prima guerra mondiale. Uscite seriamente danneggiate, nelle aree coinvolte dalle azioni belliche, le Ferrovie dovettero riorganizzarsi per assolvere i propri compiti, aumentati nelle dimensioni tecniche e commerciali, anche per effetto dell'acquisizione di nuove linee (ex-austriache), diversamente attrezzate, e di personale con differenti regolamentazioni.
Le Ferrovie nel periodo fascista
Il periodo dal 1920 al 1939 fu uno dei più importanti e densi di grandi lavori e perfezionamenti agli impianti fissi di linee e stazioni, nuove applicazioni tecniche, di mezzi di trazione più potenti e veloci, di materiale trainato più moderno e confortevole, di nuovi sistemi di esercizio (Dirigenza Centrale e Dirigenza Unica).
Fra le maggiori realizzazioni compiute, dopo l'assetto generale della Rete (arricchita di altri 400 km di linee, col riscatto delle Ferrovie Reali Sarde) conseguito ai primi anni del dopoguerra, vi fu l'attivazione delle importanti direttissime Roma-Napoli e Firenze-Bologna. La nuova ferrovia, che dalla capitale conduceva verso il Meridione, ridusse di un'ora e mezzo i tempi di percorrenza sul vecchio tratto via Cassino.
Ma in particolar modo la seconda costituì un motivo di vanto per il "fascismo costruttore"; la difficile linea, fra le due città dell'Italia Centrale attraversando gli Appennini con una galleria che al tempo era la seconda più lunga del mondo dopo il Traforo del Sempione, testimoniava l'impegno del regime in uno sforzo straordinario nel campo delle opere pubbliche.
Venne inoltre dato l'avvio all'elettrificazione a corrente continua a 3000 V , che in seguito soppianterà il sistema a corrente trifase, adottato specialmente sulle linee liguri-piemontesi, all'estensione del blocco elettrico manuale ed alle prime applicazioni di quello automatico, all'introduzione dei segnali luminosi e dei primi apparati centrali elettrici a leve singole, alla nuova costruzione o all'ammodernamento di numerose stazioni (Milano Centrale, Milano Smistamento, Roma Ostiense, Napoli Mergellina, Roma Termini ecc.).
Nel frattempo le locomotive a vapore cedevano il posto a quelle a trazione elettrica.
Sotto la guida tecnica dell' ingegner Giuseppe Bianchi e la direzione gestionale del Commissario Straordinario Edoardo Torre, nominato nel 1923 per l'esercizio provvisorio, dopo lo scioglimento del Consiglio di Amministrazione alla fine del 1922, venne sviluppata la prima generazione di locomotive elettriche, subito seguita dalle prime automotrici termiche e dalle elettromotrici rapide che ebbero grande successo e contribuirono a posizionare lo stato fascista tra le potenze economiche ed industriali dell'epoca.
Il parco dei carri merci subiva importanti trasformazioni, con lo sviluppo di traffici interni ed internazionali, e l'impiego di materiale refrigerante per l'esportazione dei prodotti ortofrutticoli.
Il periodo d'oro delle Ferrovie
Le velocità assolute e quelle commerciali dei treni venivano sensibilmente aumentate, con lo sviluppo del materiale leggero, gli orari si perfezionavano con l'introduzione dei primi treni che collegavano, senza trasbordo, importanti centri del Nord con altri del Sud d'Italia.
Il 6 dicembre 1937 un elettrotreno ETR 200 (con a bordo dei tecnici francesi invitati), viaggiò sulla Roma-Napoli alla velocità di 201 km/h nel tratto fra Campoleone e Cisterna.
Il 20 luglio 1939, sul percorso Firenze-Milano, nel tratto fra Pontenure e Piacenza l'ETR 212, condotto dal macchinista Cervellati toccò i 203 km/h, stabilendo il primato mondiale per la categoria e dando inizio vero e proprio e con trent'anni di anticipo all'alta velocità ferroviaria.
Nel settore organizzativo venivano introdotte variazioni e modifiche: l'Azienda ferroviaria passava dalla giurisdizione del Ministero dei Lavori Pubblici (al quale rimase una Direzione Generale delle Nuove costruzioni ferroviarie) a quella del nuovo Ministero dei Trasporti marittimi e ferroviari.
Dal secondo dopoguerra agli anni ‘70
Il dopoguerra, intere linee risultavano inagibili e il parco rotabili sconvolto e semidistrutto. Molte delle nuove locomotive elettriche erano state danneggiate e andavano sostituite o riparate in maniera radicale. Grazie anche all'aiuto del Piano Marshall si riuscì lentamente a superare la crisi.
Dal 1957-58 cominciava intanto un nuovo ciclo di intensa attività ferroviaria, con lo scopo di liberare la Rete dalle ultime conseguenze della guerra.
Nel campo tecnico le F.S., proseguivano nelle opere di ripristino, e alla costruzione di nuovi impianti nelle linee, raddoppio della fondamentale Battipaglia-Reggio Calabria, quadruplicamenti, infrastrutture, stazioni e depositi, rafforzamento dell'armamento, estensione del segnalamento luminoso e del blocco , introduzione degli Apparati Centrali a itinerari, ampliamento dell'elettrificazione delle linee a corrente continua a 3.000 Volt e inizio della trasformazione di quelle a corrente trifase.
Con gli anni cinquanta cominciò la costruzione di carrozze unificate europee e nacquero i primi esperimenti di interoperabilità tra le diverse linee ferroviarie nazionali, che culminarono nella creazione dei cosiddetti treni TEE (Trans Europ Express).
Si crearono più moderne navi traghetto per l'attraversamento dello Stretto di Messina e, nel 1961, iniziava analogo servizio tra il continente e la Sardegna, aggiungendo ai traffici tradizionali di viaggiatori e di merci quello delle automobili a seguito del viaggiatore.
Un primo piano quinquennale, studiato ed attuato dall'Azienda tra il 1957 ed il 1962, pianificava i pochi mezzi finanziari erogati. Nel 1961, con la programmazione del Piano decennale di riclassamento, adeguamento e potenziamento della Rete F.S. veniva decisamente affrontata sotto tutti i suoi aspetti l'ulteriore sistemazione della Rete; poté essere finanziato per 1500 miliardi di Lire e realizzato tra il 1962 ed il 1972; nel periodo iniziava la costruzione della nuova linea Direttissima Firenze-Roma, con ulteriore finanziamento di 220 mlrd.
Il fervore del rammodernamento, progetti di alta velocità [modifica]
Unità di estremità ETR 252 Arlecchino a Santhià.A quel tempo con i mezzi di trazione e il materiale rimorchiato disponibile le velocità massime dei treni in circolazione sulle linee principali non superavano i 160 km/h, (sia per l'inadeguatezza dell'armamento che per i mezzi frenanti esistenti).
Le Ferrovie dello Stato elaborarono un programma che prevedeva la costruzione di materiale ad alta velocità: vennero costruite 4 locomotive E.444 prototipo con velocità massima di 180 km/h; una di queste in una corsa a scopo sperimentale lungo la Roma-Napoli, con 6 veicoli rimorchiati, l'8 novembre 1967 raggiunse i 207 km/h. Intanto un treno di elettromotrici ALe 601 in un esperimento dell’ottobre 1968 raggiunse i 240 km/h. Alla stessa epoca venne potenziato il parco dei mezzi leggeri esistenti, 6 elettrotreni ETR 220 Polifemo, 4 ETR 250 Arlecchino, 3 ETR 300 Settebello vennero trasformati e messi in grado di viaggiare a 200 km/h, mentre 39 elettromotrici Ale 601, con rimorchi, vennero autorizzate a velocità massima di 180 km/h e 26 potenziate e trasformate per i 200 km/h.
Alla fine del 1970, le F.S. prevedevano di disporre di un parco di 53 locomotive E.444 atte alla velocità massima di 200 km/h per poter effettuare treni di carrozze su linee con blocco automatico a correnti codificate, impostati in orario a 160 km/h e con velocità massima di 200 km/h.
Per garantire l'arresto dei convogli nello spazio di frenatura previsto di 2.700 m venne implementato l'uso della frenatura elettrica reostatica del mezzo di trazione al di sopra dei 160 km/h e con la frenatura meccanica, sussidiata da quella elettrica, dai 160 km/h all'arresto.
Oltre a ciò, vennero condotti perfezionamenti al freno convenzionale esistente e al sistema di freno a dischi per il materiale rimorchiato.
Il Servizio Trazione delle F.S. mise allo studio nuovi tipi di locomotive, elettromotrici e materiale rimorchiato, destinati a consentire la effettuazione di convogli velocissimi. Si mise in cantiere il progetto di una locomotiva E.666 (primo esempio di locomotore con rodiggio Co-Co e 6000 kW) per trainare, a 200 km/h, convogli di elevata composizione e con frenatura elettrica reostatica da 200 a 30 km/h.
Intanto, avvenivano importanti progressi, nella sistemazione delle linee, come l'installazione di dispositivi per la ripetizione in macchina dei segnali, e nello studio di moderni treni con gli esperimenti di rotabili a pendolamento attivo, e con l’adozione di nuove tecniche di esercizio.
Il 25 giugno 1970, intanto, si apriva la storia della Direttissima Firenze-Roma, la prima vera linea ad alta velocità della rete italiana e la prima del genere in Europa. Si dava il via ai lavori della nuova linea partendo dall'opera di maggiore spicco: il viadotto sul Paglia, di 5.375 metri di lunghezza, il più lungo viadotto ferroviario d'Europa. Il 24 febbraio 1977 fu una data storica: venne inaugurato ufficialmente il primo tratto di 138 km da Roma Termini a Città della Pieve. Era una tappa fondamentale della storia delle Ferrovie italiane, prime in Europa ad avere una linea ad alta velocità, ma sarebbe stato presto dimenticata a causa dei successivi rallentamenti dei lavori imposti da mille ostacoli soprattutto di natura politica e la linea completa verrà attivata solo all'inizio degli anni '90.
Fonti:
Impianti Ferroviari - Lucio Mayer
Wikipedia (una certezza) storia delle ferrovie italiane.
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